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@AleCarchia

Sliding Doors

Capita spesso di rassicurarci, sull'inevitabilità che regola la vita, dove le nostre scelte, anche le più attente e sofferte nascondo sempre il beffardo gioco del destino.

Ci si appresta sempre a compiere scelte, consapevoli molte volte, sofferte, agoniate quasi come tappe imprescindibili di uno sviluppo di una matassa aggrovigliata che è la vita, inspiegabile a priori ma fortemente idealizzata, preventivata e attesa.

Nella cultura di massa le scelte sono a fondamento della formazione dell'individuo, il chi volgiamo essere, sempre in relazione cliché determinati dal contesto sociale, culturale e valoriale di riferimento. Le scelte fondamentali e primordiali sono quelle che spesso fanno riferimento alla necessità di auto-determinazione, come il bene e il male: artisticamente una sorta di essere o non essere continuo nel quale le nostre scelte condizionano quelle future e la nostra capacità di analisi delle stesse.

Le scelte però molto spesso sono implicite, non ci si pone attenzione sul quando le si prendono, quali siano le opportunità e le effettive risultanze delle stesse. Queste scelte scorrono nella vita, numericamente in maggioranza ed inesorabilmente più importanti, eludono la nostra soglia di attenzione e giocano con le nostre aspettative. Nella caduta della vita siamo una sfera lanciata a grande velocità, seguiamo un flusso nel quale non ne controlliamo i movimenti, i rimbalzi e i cambi di pendenza. Alle volte il contentino ci viene fornito quando ci illudiamo di cogliere il senso delle sue deviazioni, di essere padroni di un destino che ci mette di fronte a dei bivi, talmente netti da sembrare determinanti, quasi fondamentali nella vita di ognuno di noi. La scelta in questo caso è ponderata, determina nell'immediato gioie o delusioni, perdite o riscatti, talmente definibili da apparire profetiche.

Solo da lontano possiamo cogliere quanto la via intrapresa non modifica la folle corsa della sfera e l'alternativa tanto distante e opportunamente evitata ci si riavvicina, si affianca parallela, fino a toccare la nostra traiettoria. Lo sgomento, la frustrazione e l'insoddisfazione non ci coglie pienamente, poiché tutto ciò non è verificabile, la nostra parte razionale elabora l'inevitabile come impossibile, ci convince della certa ragionevolezza del nostro potere di decidere, in autodifesa costante del nostro potere critico ci impedisce di vedere che la caduta inesorabile prende strade diverse, ma conduce, in un vortice costante, alla stessa meta.

Identificarsi in sfere forse rende più semplice ed esemplifica lo stato di attrazione e repulsione, attrito e slittamento che subiscono le nostre traiettorie inserite in un contesto più ampio, composto da un'altra moltitudine di sfere, traiettorie e scelte. Ogni gradino della nostra esistenza modifica l'incedere della storia che stiamo scrivendo, tra accelerazioni e bruschi rallentamenti ci dobbiamo guardare dalle traiettorie altrui, sfere che magari ci accompagnano per lunghi tratti, altre che vediamo solo in lontananza, alle volte bruschi scontri ne segnano profondamente la scorza quanto la materia stessa.

Ogni impatto è paragonabile, in termini di azione sulla corsa senza sosta della vita ad una decisione, presa o non presa: modifica di fatto aspettative, obiettivi e sensibilità, facendo cambiare in ciascuno di noi la percezione del tragitto. Il pallino del gioco che teniamo fermamente in mano quanto uomini, esseri senzienti e autodeterminati altro non è che un feticcio illusorio di un qualche cosa di vacuo.

Se guardassimo attentamente nella mano vedremmo affievolirsi l'immagine di un vero potere decisionale sul nostro incedere, ovvero saremmo in grado di svolgere l'impossibilità di determinare a suon di scelte il vorticoso percorso che attira verso il basso il destino attratto da una forza di gravità imperturbabile.


La scelta però c'è, è vera, tangibile e dimostrabile: si sceglie che studi fare, si sceglie quale lavoro accettare, si sceglie dove vivere, si sceglie persino chi amare. Le scelte ci sono, sono talmente ideali che il loro pathos è coinvolgente, ci sotterra, ci svilisce, ci mortifica o gratifica ma in ogni caso ci da la sponda per prendere coscienza del dove ci troviamo in quella traiettoria, ferma il tempo, e permette di ragionare, ci salva da un incidente o ci fa dire la cosa giusta di fronte al capo insistente o all'amato reticente.

Inorgogliti per le capacità oratorie ed interpretative, o annientati dall'incapacità e pochezza dei nostri argomenti traiamo insegnamenti e ci professiamo di farne buon uso, ci vantiamo o festeggiamo, ma in quel momento la storia si sta ancora scrivendo, nella nostra distrazione, la trama si sta infittendo senza grinze o vuoti.

Linea continua e non retta, non ci fornisce spiegazioni e tantomeno appelli, incide una traiettoria, definita nel breve periodo se ci giriamo a guardarla, ma infinita e indecifrabile nella sua totalità. Di fatto i bivi spariscono a guardarla da lontano e resta solo un grande percorso, gradevole e perfetto, nei quali i salti e le evoluzioni non sono altro che armonie nella scala continua e ripida della vita. Il peso delle scelte ricade nel nostro Io, nell'essere ciò che siamo, che vogliamo e essere e in ciò che gli altri vedono, trivalenza ovvia che propone migliaia di combinazioni che producono un indefinibile numero di stati d'animo, con il quale ci apprestiamo ad affrontare ancora nuove scelte.


Non si tratta di psicologia, psicoanalisi o fede, si tratta dell'inevitabile destino che cerchiamo di spiegare ogni giorno. Altrimenti non avrebbero senso il pentimento, la soddisfazione, la delusione e l'aspettativa oltre a tutte quelle altre forme di valutazione del nostro passato, presente e futuro che donano pace o angoscia, attestando il pieno compimento o il fallimento più totale. La fine di qualcosa ovviamente è frutto di scelte, sbagliate col senno di poi, ma al tempo stesso predeterminato e di attenta premeditazione.


Siamo sfere è abbiamo una faccia sola, ma ne mostriamo, ad ogni scalino della vita una sola minuscola sfaccettatura, la quale rimane impressa e determina il come gli altri si pongono di fronte a noi, nessuna e più giusta e vera delle altre e nessuna ci rappresenta nella nostra complessità.

Siamo esseri complessi ma che per poter agire devono semplificare, semplificando se stessi, compiendo le scelte nell'hic-et-nunc con la faccia che ci troviamo in quel momento. Non prenderemmo la stessa scelta nello stesso modo, di fatto compieremmo infinite identiche scelte in infiniti diversi modi.

Ci troviamo catapultati nell'ora, nel quale la decisione conta, non prima e non dopo, non meno esperti e non più capaci, di fatto in un eterno compromesso tra rimpianti e soddisfazioni. Una media tra stati d'animo che ci permette di affrontare con serenità solo l'indefinito, l'atteso che mai si concretizza: sapere dire la cosa giusta, preparandosela per giorni sino a veder sfumato l'attimo perfetto per una raucedine o una platea stanca.


Facciamo bene a rammaricarci, impegnarci per migliorare, per essere più pronti e attenti, riducendo variabili ed incognite, ma nello sliding doors della vita, Helen può scegliere o non scegliere, la differenza non sta nel risultato, soltanto nella consapevolezza dell'averlo fatto o meno.

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