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  • @AleCarchia

Abbracciamoci forte

Questa volta non sono Fabio e Beppe a invitarci a Berlino, non sarà forse nemmeno Londra, tra varianti e scaramanzia, ma questi Europei ci fanno stringere, il cuore.

Slittate di un anno, ancora vincolate dalle restrizioni, messe sotto scacco dalle quarantene e compresse in un calendario fittissimo, le partire dell'Europeo infiammano l'estate 2021.


Tra risultati, previsioni e superstizioni hanno preso il via gli Europei itineranti previsti per lo scorso anno. Il tifo si è acceso lento, nonostante i buoni auspici della vigilia, una nazionale senza stelle si è presa in poche ore il suo spazio catalizzando gli interessi di milioni di italiani, facendo parlare di se anche fuori dallo stivale.


La passione ha presto contagiato tutti, scendendo dai balconi abbiamo avuto la possibilità di ascoltare l'inno, sotto una veste diversa, stringendoci e godendo della passione dei nostri ragazzi. Qualche faccia pulita in più, qualche nuovo esempio positivo da mostrare e da cui trarre ispirazione, un cambio di tendenza tanto desiderato.


Non manca la solita ipersensibilità tutta italiana, tanto disfattista un momento e l'istante dopo in preda all'esaltazione, bandiere tricolori al vento, che sventolano avanti e indietro, facendosi piegare in modo convulso e spasmodico.

Non saremmo noi se di fronte ad una vittoria non ne parleremmo per 15, 30 o 50 anni, parimenti siamo in grado di far partire i processi al momento di flessioni, sconfitte o mancati trionfi.

Questo Europeo è strano per antonomasia, oltre alla pandemia dobbiamo aggiungerci la sua conformazione, un unicum, in quanto si snoda per campi di gioco di diverse nazioni, mettendo sul piatto differenze ed unicità, uno spot per il turismo che sarà.

Questo è e sarà ricordato come l'Europeo del politically correct, dopo le vicende legate alla Super Lega, la UEFA si è dovuta scontrare con la pressione mediatica delle campagne di sensibilizzazione più polarizzanti degli ultimi anni.

Dai diritti LBGT+, ai movimenti BLM, dalla campagna di sensibilizzazione sui vaccini Anti Covid-19 sino alle interessate polemiche sui brand, innescate dai calciatori più influenti della manifestazione.


In tutti i casi la risposta dell'organismo Europeo è stata piccata e contorta dimostrandone l'inadeguatezza, quasi come se si fosse trovata a dover far fronte all'imponderabile. Ha dimostrato tout-court che la primavera messa in scena dai club Europei "scissionisti" ha avvelenato il dente di una presidenza traballante, alla ricerca costante di fondi e con l'acqua alla gola per quello che concerne la vendita dei diritti televisivi.

Gli strascichi della debacle dell'organismo centrale si sono ripercossi sulle intenzioni, andando a sconfessare gli ideali di Respect professati negli ultimi 15 anni.

La lotta con gli organizzatori che chiedevano autonomia nella dimostrazione di vicinanza rispetto i temi dei diritti di indipendenza sessuale è stata tanto grottesca quanto fallimentare, superata dalle volontà politiche di alcuni stati ospitanti e ponendo l'accento sull'atteggiamento di alcuni stati europei, maggiormente conservatori.

Sul tema le necessità degli sponsor di allargare il consenso, hanno fatto la parte del leone abbracciando le tendenze dei consumatori, coccolandoli e indirizzandoli.

La campagna di lotta contro il razzismo si è infranta contro la non linea, non applicando volutamente alcun protocollo in merito, a dispetto di altre organizzazioni o federazioni nazionali e internazionali.

La linea scelta è stata quella di scaricare gli imbarazzi sui singoli paesi, sulle squadre e quindi le loro federazioni e nei casi più riprovevoli sui singoli giocatori, con il rischio di ripercussioni a livello personale.


Stucchevole invece la diatriba legata a famosi marchi di bevande coinvolti nella manifestazione, utilizzati quale moneta di scambio da parte dei giocatori, in alcuni casi affossandone l'immagine, in altri casi invece traendone vantaggi economici e di sponsoring. Tra una bottiglia di cola, una birra analcolica e la cara e vecchia acqua in bottiglia si sono spostati milioni di euro sul mercato azionario, create vere e proprie campagne denigratorie, oltre ad aprire il mercato della contrattazione per accaparrarsi il giusto volto da associare al proprio brand.


Stucchevole sul piano morale, la diatriba afferente la necessità di modificare la programmazione delle gare in corso d'opera, causa pandemia.

Sembra inverosimile, ma la UEFA si impunta a voler rispettare un rigido programma di match scollando l'aspetto sportivo e agonistico da quello epidemiologico.

Virologi e amministrazioni pubbliche hanno spinto da subito gli organizzatori a prendere in considerazione la possibilità di spostare gli eventi, così da rendere efficaci le prescrizioni anti-covid previste dai protocolli europei.

La polemica montata a seguito dell'aumento di casi nel Regno Unico resta sottostimata di fronte alle reticenze di una federazione sorda, tronfia nel suo ruolo di decisore.


Le difficoltà come abbiamo visto sono state molteplici, ma in questi casi, ciò che sembra prevalere è la necessità di evasione, di affermazione dello sport quale messaggero positivo. Ne è esempio calzante l'infortunio accorso al giocatore danese Eriksen, durante il primo tempo del match contro la Finlandia. Qualche secondo a terra, esanime, freddato da un cuore troppo debole per i suoi ventinove anni. La vicinanza e l'affetto dei suoi cari, di tutta la sua squadra, della sua una nazione e infine dell'Europa tutta per una pronta guarigione sono stati raccontati quale unicum; un momento di aggregazione positiva, una perla ancora più luminosa perché nata dalle macerie di uno sport malato e corrotto.


Tralasciando i meriti sportivi, l'Europeo ora più di altre volte rappresenta un motivo di aggregazione, una sorta di respiro, di abbraccio comune tra popoli, più romantico nella teoria che nella pratica ma che metta a nudo tanto le differenze quanto le assonanze.

Un Europeo che di fatto ha già vinto, che ha visto in primo piano le persone, non i tifosi Una speranza per milioni di ragazzi altrimenti svuotati di spensieratezza e passioni...

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