Non si sono fatte mancare riflessioni, disquisizioni e sproloqui sociologici sul post-emergenza pandemia, per questo perché non doversi unire alla festa mediatica?
Un fattore importante, vitale e sicuramente preoccupante di tutto ciò che è successo, lo si ritrova nella drammatica situazione che si è venuta a manifestare al termine dell'esperienza del lockdown che ha toccato in modo differenze la maggior parte delle aree del globo.
Ci si aspettava tanto dal dopo, ma ecco che questo dopo è arrivato, tra tragedie, cronaca e sciacallaggio, smentendoci tutti. Adesso il dopo lo stiamo vivendo e ci appare esattamente come prima, solo meno stabile e certo,più povero e debole per via di un passato ancora non spiegabile e di un futuro imprevedibile. Chi ha perso il lavoro, chi è morto di lavoro e chi nonostante tutto ha sempre lavorato, abbiamo tutti quanti cestinato i buoni propositi lasciando scadere lievito e farina per gettarci a capofitto in una normalità che ha cambiato per forza di cose i suoi connotati.
Ne usciamo indeboliti tutti, le realtà produttive si scontrano con un mercato mutato, nel quale alcuni soggetti hanno potuto allargare il margine nei confronti dei competitor, per via di condizioni favorevoli, lungimiranza o asset strategici maggiormente competitivi.
Le persone si sono scontrate con una decisa mutazione delle loro abitudini, subendo privazioni di libertà che si credevano possibili soltanto in alcune remote aree del mondo, giustificandole come salvifiche. Relazioni di esperti internazionali, discordi su tutto, hanno prodotto effetti catastrofici secondo accezioni e sfumature talvolta opposte, apertura e chiusura di confini continentali, nazionali, ragionali e comunali, tornando di fatto ad un concetto medievale della responsabilità pubblica nella gestione dell'emergenza. Ogni azione perpetuata è stata mossa secondo una dottrina speculativa e prettamente politica, capace di sfruttare in modo diametralmente opposto le caratteristiche legate ad una situazione sanitaria emergenziale. Ciò che abbiamo vissuto non ha avuto precedenti, ma con questo non vuol dire che sarà irripetibile, sono state sdoganate azioni impopolari che hanno creato o acuito tensioni sociali, politiche ed economiche su larga scala, delle quali nemmeno ora riusciamo a vederne i confini.
Da un lato il liberismo più sfrenato, la negazione del problema e il soldo quale irrinunciabile traguardo, da perseguire a qualsiasi costo. Dall'altra la cieca fiducia da parte di una classe politica incapace di vedere con i propri occhi ciò che ci si è voluti nascondere. Centinaia di migliaia di morti sì, ma che prezzo ne sono usciti i vivi... Nelle catastrofi la frase che si usa è sempre quella "... il loro sacrificio non sarà vano..." tant'è che questo momento è rappresentativo di un fallimento, i morti, la crisi e le tensioni che ne sono derivati non ci assicurano alcuna speranza di trarne un vantaggio, un insegnamento. Indebolire la solidità economica di alcuni soggetti, a favore di altri, incutere timore nelle masse preferendo la disinformazioni anziché mettere sul piatto tutti gli aspetti di un'odierna comunità internazionale, in grado da sola di trovare le contromisure ad una patologia sociale.
La pandemia si è vista tanto nelle strade quanto nei palazzi, alimentando la sudditanza di una parte del mondo rispetto a chi fa le regole, detta i tempi e decide chi sacrificare sull'altare dell'economia mondiale. Crescono quindi i numeri dei contagi, ma si moltiplicano in realtà i patologici del post, delle conseguenze indirette ma facilmente prevedibili, i sacrificabili appunto. Mettendo sulla graticola aziende, famiglie, e lavoratori si è incentivata una selezione innaturale perversa, dove la negazione del se per il tutto ha trovato massimo compimento in Italia. Per una volta abbiamo copiato noi la Cina e questo ha generato un risultato diretto disastroso a livello sanitario ma incolmabile dal punto di vista economico, ci siamo indebitati, di fatto più degli altri, prima degli altri. Cavia dell'Europa, quasi ridicolizzata nella scelta improba di auto-lesionismo, andando a creare disagi, distanziamento sociale patologico sino all'epilogo che tutti volevano evitare. L'esasperazione ha portato all'opposto, un senso di ribellione e rivalsa, in ossequio a movimenti più strutturati e giustificati in ogni angolo del mondo, da noi si è riversato tutto nel ripudiare la politica coercitiva, uscendo da un periodo di clausura in un modo ancora più scomposto. Un naturale dissesto sociale, ha permeato il racconto del post, partendo dalla politica sino al quotidiano vivere, ha prodotto in alcune categorie di persone, in base alle esperienze più o meno dirette alle quali hanno dovuto far fronte in questi mesi di stravolgimenti senza precedenti.
Ciò che rimane sembra essere un velo di omertà che non giustifica appieno e forse mai lo farà, le scelte della classe politica, le eminenze scientifiche e gli esperti sociologi che hanno cercato di affrontare un evento di per se impossibile di essere studiato, previsto e commisurato al livello di globalizzazione, interessi e operazioni di insabbiamento.
Il mondo ha risposto presente, a suo malgrado lasciando l'umanità sola di fronte ad un evento che rientra nella casistica infinitesimale di fronte alla Storia dell'uomo su questo pianeta.
Non ci sono ad oggi e forse mai ci saranno colpevoli, ciò che ci resta però sono le macerie, raccogliere i cocci sarà impresa difficile, qualcosa è mutato nelle persone e soprattutto le azioni dei Governi hanno fatto giurisprudenza.
Non c'è quindi un giusto o uno sbagliato, un si sarebbe dovuto fare così o seguire una teoria diversa, esiste solo la consapevolezza della grandezza dell'evento, esplosoci tra le mani.
I risultati sono che l'invocata svolta buonista del sistema non si è concretizzata, non è uscito il lato migliore di ognuno di noi... anzi.
La forbice sociale si è allargata, di fatto tagliando fuori ancora una più grande fetta della popolazione dalla possibilità di modificare le proprie aspettative. Si è dovuta accantonare la svolta green del pianeta, oscurando figure apocalittihe pre-covi, ridando potere al petrolio nonostante due mesi di sotto-produzione mondiale. Abbiamo assistito a tensioni sociali, scoppiare e montare ad ogni latitudine, dagli USA al Belgio, da Hong Kong al Libano, superando antichi timori e attenzioni di non belligeranza sociale tipici degli eventi catastrofici della storia dell'uomo.
Stiamo reagendo all'emergenza utilizzando da una parte l'assistenzialismo totalitario mentre dall'altra si è manifestata l'apoteosi del liberismo a tutti i costi.
Siamo quindi lontani da una possibilità di studiare questo fenomeno in modo attento e completo, in questo i media tradizionali non ci stanno certamente favorendo, agendo da megafoni sociali, azionati da interessi economici, senza alcuna fondatezza scientificamente provata, stanno spingendo le masse verso fazioni contrapposte, agendo da facinorosi in cerca di un espediente per non ritrovarsi ad essere superati dalla realtà.
Le voci delle persone sono mancate, ne abbiamo la riprova ogni giorno quando ogni notizia smentisce quella del giorno prima, quando l'economia finanziaria si muove su un binario diverso da quella reale. Il dramma nel dramma riguarda porzioni considerevoli di popolazione, ancora una volta schiave degli eventi, ancor più colpite, perché a rischio patologico, mai risollevate dalle precedenti crisi economiche.
In quest'ottica forse ci si sente più minimalisti, scrostandoci di dosso pre-concetti, visioni e informazioni che la società contemporanea ci appiccica addosso in questa estate torrida. Ad un punto zero che può voler coincidere con il metter tutto in discussione: affetti, aspirazioni, obiettivi, necessità... Ovvio non è il momento, non lo è mai forse, ma ora meno che meno, rinunciare a tutto, spogliarsi di sicurezze e convinzioni, un masochismo sociale, innaturale se si pensa all'autoconservazione, ma che ci avvicina a quello zero. Zero, nella speranza di non poter avere un segno negativo nella vita, zero nella speranza possa essere di buon auspicio.
Il Less is More è sicuramente un trend topic, ma che ben rappresenta un limite ed estremamente difficile da perseguire. Avere la capacità di chiedere di meno da se stessi, per chiedere realmente cosa siamo e cosa vogliamo, quando la vita ti presenta un conto più meno salato, pagare tutto subito e lasciando anche la mancia, slegandosi dal circolo vizioso dell'attuale società in cui viviamo. Ripartire non è facile, me ne vogliano i ben pensanti, ma la ricerca della felicità non è una pellicola di poco più di 100 minuti, è un opera titanica, non sempre perseguibile, piena di opportunità di ottenere sconti e prendere scorciatoie, ma a che prezzo... Non resta che affidarci a noi stessi, mettere in gioco ciò che si ha, essere determinati contro tutto e tutti disfacendoci di tutto ciò che ti farebbe dire basta.
Non arrendesi quindi ad una routine, anche se salvifica e chiedere a se stessi solo ciò che si vuole dare, i supereroi in fondo non esistono.
Guardando al post con gli occhi del pre, viene da dire che nulla è cambiato: Guerre, catastrofi, tensioni politiche e sociali... mascherina permettendo.
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